

La Grande Bellezza è la morte di qualsivoglia bellezza cinematografica
05 marzo 2014
La Grande Bellezza miglior film straniero agli Oscar 2014. Non avevo visto il film al cinema. Ieri sera, l’ho fatto solo perché vincitore del premio. Fin da subito, mi è sorta una domanda spontanea “Gli altri film in gara come erano”? Sorrentino voleva rendere il vuoto della società dei salotti buoni romani. L’ha fatto in modo sciatto e banale, attraverso una sceneggiatura povera e priva di slanci emozionali. Il film è reso piatto dalla stessa struttura narrativa poco avvincente per l’assenza di giuste tensioni. Manca la comicità espressione del dramma interiore. Servillo dipinge il vuoto osservandolo dall’uscio della porta dei salotti romani. Preferisce rimanere un lontano spettatore. Tiene la distanza dalla sciatteria e dalla poca eleganza reale dei contesti non riuscendo, a mio avviso, a raccontare la vera nefandezza di quegli ambienti. Rimane in superficie senza esprimere qualcosa che possa stupire o essere espressione di nuova analisi. Nei personaggi manca il conflitto interiore, sono troppo personaggi, il loro accarezzare lo stagno - espressione del vuoto- senza riuscire ad immergersi nell’acqua sporca, li rende automi e amorfi. Veri plastici che non riempiono nemmeno le inquadrature. Solo le immagini di Roma bucano lo schermo, il resto rende solo noia. La Ferilli per me non è una brava attrice, sempre prevedibili i suoi ruoli e qui è solo più volgare del solito. Adesso comprendo le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Servillo: “ Questo Premio non era così scontato, il film a tratti è pure noioso”. Confermo e aggiungo, non a tratti, è molto noioso e privo di ritmo. Più che La grande bellezza, è “la morte di ogni qualsivoglia forma di bellezza cinematografica”.
Giusy Cantone
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